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Prevenire anziché curare
La prevenzione nell’ambito della Medicina Omeopatica
Dott. Giovanni Marotta
05/09/2028
Lo scopo principe della Medicina è prevenire anziché curare
Non si tratta solo di attuare una diagnosi precoce, che è, in ogni caso, una risorsa utilissima, ma di un progetto di salute che origina fin dai primi atti di vita e che va da un buon concepimento, da una buona gestazione e da una buona nascita al buon andamento delle fasi di sviluppo del bambino e dell’adulto, attraverso le crisi di passaggio dell’adolescenza e della post-adolescenza e quelle, non meno difficili, delle fasi più mature dell’esistenza.
La nostra concezione della salute tiene in grande considerazione, tra i vari aspetti, anche la capacità di esplicare le proprie potenzialità affettive e creative.
Il discorso preventivo si sviluppa insieme al paziente.
Se entrambi, medico e paziente, hanno i sensi aperti all’ascolto emergeranno e coglieranno i dati salienti che meritano maggior approfondimento o maggior sostegno. Maggiore è l’alleanza terapeutica migliori saranno i risultati di un percorso terapeutico.
Il campo della prevenzione coincide alla base con il prendersi cura: saranno favoriti tutti i passi necessari per apportare nutrimenti, per corroborare la fisiologia, per detossicare, per prevenire e per eliminare noxe patogene (quando possibile), per attivare risorse, per integrare conflitti, per realizzare nuovi equilibri e liberare potenzialità espressive.
Si evince da ciò che il percorso terapeutico e l’intento preventivo procedono sullo stesso cammino.
In questo campo la Medicina omeopatica ha possibilità molto interessanti.
Il medico attento però non si limiterà alla diagnosi rimedio. Guarderà con occhio sistemico i bisogni e le difficoltà del paziente sui vari piani e cercherà con lui le vie terapeutiche più adeguate per affrontarle. Tutto ciò che sostiene e nutre il percorso di una persona va utilizzato; il che non corrisponde necessariamente a una medicalizzazione.
Mi preme solo aggiungere un dato specialistico della Medicina omeopatica, che molti ignorano. Relativamente al tema della multifattorialità delle patologie è interessante rivisitare le concezioni diatesiche, ormai desuete nell’insegnamento clinico e non sempre tenute in considerazione dai medici omeopatici stessi.
I nostri clinici del passato erano ben consapevoli che alcune malattie contratte durante la vita dal soggetto – e anche dai suoi ascendenti – lo sensibilizzavano a sviluppare altre malattie o a esprimere alcune fragilità o predisposizioni ad ammalare = diatesi. Anche oggi ci capita di sentire “...da quando ha avuto la mononucleosi mio figlio non è stato più bene come prima...”, “...da quando ho avuto quella brutta salmonellosi il mio intestino non funziona più allo stesso modo...”, etc.
Le diatesi legate a malattie o intossicazioni più gravi sono ancora più complesse: sono note, riportate anche nei testi di medicina su cui ho studiato, le descrizioni di individui Tubercolinici, di quelli con eredità Luetica e altre diatesi.
Hahnemann stesso dedicò gran parte della sua vita, specie negli ultimi anni, a cercare di ‘sradicare’ le malattie individuandone le cause originarie. Certamente oggi consideriamo datate alcune sue interpretazioni miasmatiche, così come sono descritte nel suo testo: le Malattie croniche. Purtuttavia alcune intuizioni restano valide.
Io stesso nella mia pratica riesco a intuire se all’origine di certi sintomi e di certi comportamenti vi sono malattie tubercolari, sifilitiche, blenorragiche, tifiche, tumorali e altre, preesistenti o sofferte dai parenti più stretti, specie ascendenti. La sensazione mi deriva dalla sintesi di un insieme di dati che vanno dall’osservazione della complessione fisica, dal colorito e dal tipo della cute, da alcuni dismorfismi, da elementi energetici, da caratteristici vissuti corporei e comportamentali e chiaramente da una anamnesi accurata sulla storia delle malattie e dei disagi della persona fin dalla nascita. Allora faccio domande mirate sulla anamnesi familiare e trovo quasi sempre riscontro con quello che la semeiotica mi suggerisce.
Nell’esempio clinico che segue troverete maggiori chiarimenti sul tema.
La prevenzione, tramite il miglioramento della diatesi personale, è uno strumento molto importante e rientra a buon titolo nel concetto di percorso terapeutico.
La Medicina omeopatica dispone peraltro di strumenti molto precisi per agire sulle diatesi individuali, che – credo – nessun’altra terapia possieda.
Non mi riferisco soltanto all’uso dei Nosodi, preparati omeopatici di derivazione diretta dai ceppi patogeni all’origine delle diatesi corrispondenti (esempio Luesinum per la sifilide, TK per la TBC, Medorrhinum per la blenorragia, etc.), bensì all’uso corretto del rimedio Simillimum.
Il rimedio più adatto al Paziente migliorerà anche le problematiche diatesiche.
In alcuni casi il nosodo non è solo un rimedio diatesico ma assume valore di Simillimum, cioè è il rimedio che si giustappone esattamente alle caratteristiche fondanti della persona. Mi limito ad un esempio chiave: visito un paziente longilineo, dall’incarnato leggermente roseo, dai lineamenti gradevoli per la loro regolarità, caratteristiche che riscontro spesso nella diatesi tubercolinica. Da ragazzo era soggetto facilmente a raffreddamenti, a malattie dell’apparato respiratorio fino a episodi di broncopolmonite e di pleurite, altri tratti fondanti di detta diatesi. Il Paziente oggi ha superato i 60 anni e è più resistente ad ammalarsi ma, se ammala, sono sempre le vie respiratorie ad essere colpite. Consulta per una rino-congiuntivite allergica invalidante che lo affligge quasi tutto l’anno. Le prove allergiche più volte effettuate non hanno dato riscontri significativi nell’individuare specifici antigeni: ciò mi induce a ipotizzare la diatesi tubercolinica come perturbante il suo equilibrio e l’irritazione delle mucose come manifestazione.
In base agli elementi raccolti chiedo se i genitori hanno avuto problemi polmonari: mi risponde affermativamente che la madre ha sofferto di TBC polmonare da ragazza.
Miro poi a farmi una idea più precisa dell’identità del mio Paziente, per capire se il nosode tubercolinico omeopatico abbia una valenza più completa, che interessi la struttura del paziente nella sua complessità, fisica e psichica. Nel colloquio emergono le caratteristiche salienti del suo vissuto: è un wanderer, un errabondo. Ha percorso 1000 luoghi ma non c’è un "luogo" sulla terra in cui abbia soggiornato a lungo: ha lasciato da ragazzo la madrepatria, ha vissuto letteralmente in tutti i continenti, ma solo per pochi anni o per periodi ancora più brevi. Si è sempre messo in viaggio non per costrizioni esteriori, ma spinto da un desiderio personale, da una sorta di impulso interiore non contenibile.
Il suo errare è piuttosto una ricerca, perché è una persona sensibile e curiosa dei luoghi in cui si trova, della gente e della cultura che incontra.
È noto peraltro che i soggetti tubercolinici sono molto sensibili alle condizioni ambientali e assorbono molto dal luogo in cui vivono; spesso traducono in arte questa sensibilità, a volte, se respirano climi di difficoltà o di violenza, corrono il rischio di reagire distruttivamente e di risentirne patologicamente sia sul piano fisico che sul piano comportamentale.
Sul piano relazionale il mio Paziente metteva in atto la stessa modalità: si accompagna a una donna per qualche tempo e poi parte anche da lei.
Infine mi comunica che la sua aspirazione è quella di trovare un luogo ideale e una storia ideale... che in realtà non si configurano mai: un wanderer di romantica memoria.
Con Bacillinum (nosodo tubercolinico) è nettamente migliorata tutta la sintomatologia "allergica" per cui era venuto e sono migliorate anche le condizioni generali; lo conosco da qualche anno, troppo pochi per dire se modificherà nel tempo la sua natura nomadica per acquisire maggior stabilità, come di solito avviene dopo una cura con rimedi omeopatici tubercolinici. Se lo farà interpreteremo positivamente tale acquisizione se sarà il frutto spontaneo di una scelta interiore del paziente e una espressione di una condizione esistenziale serena. Al momento possiamo dire – con reciproca soddisfazione medico-paziente – che continua a viaggiare senza ammalarsi e senza gli occhi e il naso stravolti dalle crisi e che la scomparsa dei sintomi è accompagnata da un benessere generale da una parte e da una ricerca di se stesso dall’altra condotta con impegno e serietà di intenti.
Sembrano cioè diminuite la irrequietezza e la mutevolezza estreme tipiche dei soggetti tubercolinici particolarmente scompensati.
Nella esperienza clinica di medici omeopatici, anche in veterinaria, non solo in umana, l’irrequietezza è un tema fondante di tali rimedi. Può essere espressa e descritta con variazioni sul tema: come inquietudine, agitazione, capricciosità, voglia di muoversi, di uscire e di andare in giro; a volte, specie nei bambini come ipercinesia, incapacità di fissare la attenzione stabilmente, etc. È la modalità espressiva caratteristica di tali rimedi e per un medico omeopata è fondamentale riconoscerla in tutti gli aspetti con i quali può esprimersi e tenerla molto in considerazione nell’analisi tematica e nella individuazione dei sintomi.
Per far comprendere la nostra visione sistemica dello studio delle sostanze che utilizziamo con possibilità di cura davvero notevoli, consideriamo l’irrequietezza un tema fondamentale dei Nosodi tubercolinici perché non si esprime solo nella dimensione del wanderer, bensì su molti livelli del sistema-paziente: sul piano animico, comportamentale, relazionale ma anche su quello fisico-organico dato che, ad esempio, anche l’appetito e altre funzioni fisiologiche hanno questo andamento mutevole, variabile. La variabilità, la mutevolezza, caratterizzano tutto, anche le espressioni patologiche.
In questo caso descritto, il Nosode, oltre che rappresentare la diatesi, aveva tutte le caratteristiche di un rimedio Simillimum e perciò ha funzionato ottimamente. Non è detto infatti che alla diatesi corrisponda in terapia il nosodo della malattia, bensì sempre il rimedio Simillimum del Paziente.
Calcarea phosphorica ad esempio nel suo quadro sintomatico e nelle sue dinamiche presenta molti aspetti del tubercolinismo e manifesta, tra l’altro, un grande desiderio di viaggiare; si differenzia dagli altri Nosodi tubercolinici per una maggiore empatia, di tipo fosforico, che Tubercolinum non ha. Ricordo di aver prescritto anche questo rimedio al mio Paziente, sperando in una risoluzione ancora più rapida della sua sintomatologia, senza risultato alcuno! Ennesima conferma dell’importanza di scegliere il rimedio esatto del paziente per poter ottenere risultati consistenti in Medicina Omeopatica.
Acalipha indica ad esempio ha aspetti di tubercolinismo accentuati ma si differenzia dai Nosodi tubercolinici per una distruttività più marcata e più tipica della famiglia delle Euphorbiaceae. Non era adatto al mio Paziente.
Lo stesso discorso si può fare per la diatesi luetica: rimedi fluorici o mercuriali (es Mercurius solubilis), le menzionate Euphorbiaceae e molti altri rimedi hanno una forte impronta luesinica e in molti casi di diatesi luesinica risultano meglio indicati dello stesso Luesinum o Syphyllinum.
La disamina di questi aspetti è qui appena accennata. Approfondiremo nel tempo le principali nozioni di materia medica e di clinica omeopatica.
Ricordo solo l’importanza della eugenetica omeopatica.
Infatti il discorso or ora fatto ha grande valore preventivo se attuato sui genitori prima del concepimento di un figlio e durante la gestazione. Il simillimum omeopatico genera equilibri molto positivi per la nascita e lo sviluppo di un bambino sano.
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