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Una sintesi dei principi di base della Medicina omeopatica

Introduzione alla Medicina omeopatica

Dr. Giovanni Marotta

01/09/2024

Legge dei simili

L’assunto fondante del metodo omeopatico è la nota legge dei simili “Similia similibus curentur” (i simili si curino con i simili): una sostanza capace di provocare sintomi in un soggetto sano, agisce come agente curativo in un soggetto malato che manifesta gli stessi sintomi.

A titolo di esempio, un’applicazione del principio di similitudine, di frequente riscontro già nell’uso "domestico", è l’utilizzo di piante "vulnerarie" per soccorrere condizioni traumatiche: la somministrazione di alcune piante della famiglia delle Compositae, tipo Arnica, Calendula, Bellis perennis, Achillea millefolium, tonifica le potenzialità reattive generali del traumatizzato e quelle locali dei tessuti colpiti, contrasta gli stravasi emorragici (emorragie, lividi), ostacola l’insorgere di complicanze infettive, attenua la sintomatologia dolorosa. Ebbene l’assunzione di dette piante in dose ponderale fa emergere sintomi di intossicazione legati alle loro caratteristiche peculiari: sono gli stessi sintomi simil-traumatici che tali piante invece curano quando vengono assunte in dosi omeopatiche – diluite e potenziate – da un soggetto traumatizzato. Ricordo un caso che mi impressionò molti anni fa di un paziente che soffriva da settimane di febbre costante sui 37-38 gradi, algie muscolari similreumatiche, e stravasi ematici per cui tutte le unghie delle mani erano nere di sangue stravasato, come se le avessero pestate. Non ho più visto una situazione simile a questa. Con Achillea Millefolium ch 5 guarì in pochi giorni: dolori, febbre e emorragie. Ho riportato l’esempio di alcune piante Compositae per evidenziare che la loro potenzialità anti-traumatica era conosciuta fin dagli antichi, che ebbero a definirle appunto "‘vulnerarie" (da vulnus, Latino per ferita) e trova conferma sia nella sperimentazione che nella clinica omeopatica. L’ambivalenza terapeutica nell’uso delle sostanze a scopo medicamentoso era dunque conosciuta fin dai tempi remoti: l’idea del veleno che cura precorre la Medicina omeopatica tal quale la conosciamo oggi. Il principio di similitudine è stato enunciato e ha percorso il pensiero medico fin dai tempi antichi, anche pre-ippocratici, in quanto è presente nelle concezioni e nelle pratiche alchemico-spagiriche, la cui origine è remota avendo notizia del loro sviluppo già nell’Egitto arcaico.

Al fondatore dell’Omeopatia moderna, il tedesco Samuel Hahnemann (1755- 1843) spetta il grande merito di avere chiaramente esplicitato le potenzialità terapeutiche insite nella similitudine sostanza-malato. L’altro grande merito è di avere generalizzato il principio di similitudine, estendendolo potenzialmente a ogni sostanza, dopo che se ne siano conosciute le risultanze patogenetiche su individui sani.

Egli stesso intraprese la sperimentazione in corpore sano di molti rimedi naturali, i cui effetti tossicologici erano già conosciuti, e di altre sostanze meno conosciute o che creò egli stesso, ex novo, nel suo laboratorio spagirico (ad esempio Causticum). Le sostanze utilizzate dalla Medicina omeopatica, provengono per la maggior parte dal mondo minerale e vegetale, molte dal regno animale, alcune anche dall’uomo (alcuni nosodi). Anche se alcune sostanze di partenza sono tossiche, la somministrazione omeopatica non avviene mai al di sotto di una certa diluizione (si parla infatti di dosi infinitesimali) per cui i rimedi sono asssolutamente privi di tossicità. I detrattori della medicina Omeopatica oscillano tra questi due poli di critica: alcuni sostengono che gli omeopati somministrino dei "veleni", altri che il rimedio sia solo "acqua fresca": evidentemente non hanno raggiunto un accordo. Né l’una né l’altra ipotesi è vera: il rimedio agisce e potentemente senza tossicità né intolleranze né allergie, purché sia ben mirato al paziente nella sua complessità. Le sostanze della Natura sono state e sono attualmente sperimentate su esseri umani sani seguendo particolari protocolli (detti provings). In seguito alla sperimentazione omeopatica i soggetti in esame presentano delle alterazioni a diversi livelli (somato - psichico - relazionali) definiti sintomi omeopatici; tali sintomi vanno a costituire la patogenesi del rimedio omeopatico. Le sostanze sperimentate confluiscono a formare la Materia medica. L’esperienza clinica di due secoli di pratica omeopatica, diffusa in quasi tutto il mondo, già nel 1800 e ancora di più oggi, arricchisce e conferma le potenzialità terapeutiche delle numerose sostanze presenti nella Materia medica. Nuovi provings e una intensa esperienza clinica stanno accrescendo il patrimonio terapeutico per numero e conoscenza qualitativa dei rimedi.

Applicazione della legge dei simili

L’applicazione della legge dei simili consiste nel rilevare i sintomi del malato, in modo particolare quelli che ne caratterizzano la reattività, e nel cogliere l’individualità del soggetto che vive la malattia. Dopo essere riusciti a comprendere le peculiarità individuali del paziente, il suo modo di vivere la sofferenza e, se possibile, avere una idea anche dell’identità del soggetto, si cerca di individuare quella sostanza che non solo ha provocato sperimentalmente gli stessi sintomi nell’uomo sano, ma che è analogicamente simile alle principali caratteristiche individuali del paziente. Se la similitudine è profonda e riguarda l’essenza stessa della persona, la somministrazione di un rimedio omeopatico è molto più efficace di quando la similitudine è concepita unicamente su un piano tessutale o organico. Riprendo a questo proposito l’esempio delle Composite vulnerarie per esplicitare il passaggio da una similitudine meramente organica e tessutale al più complesso processo di individuazione paziente-rimedio. I soggetti Arnica, Calendula, Achillea, Compositae vulnerarie in genere, tendono a negare il trauma e il malessere che gliene deriva. Se Arnica cade fa finta di niente, non si lamenta e riprende l’attività come se nulla fosse, anche in condizioni precarie; se è ai limiti della stanchezza richiede a se stesso ulteriori sforzi. Nonostante Calendula sia in condizioni di debolezza a causa di anemia da emorragie ripetute, purtuttavia si sforza imperterrito di fare attività fisica impegnativi. Se Achillea ha una emorragia copiosa non darà segni di preoccupazione alcuna - al contrario di altri rimedi omeopatici che sono noti per reagire in modo diametralmente opposto, iperansioso, alla vista del sangue.

Anche in caso di attacchi febbrili o di altre malattie non traumatiche gli Arnicasimili negano la loro condizione sofferente, evitano il medico o rifiutano la terapia. Ad una anamnesi più approfondita emerge che la paura di soccombere al male, al vulnus - e al vunus per antonomasia che è la morte - è talmente pregnante in questi soggetti che, fin che le energie li assistono, si difendono attivando robusti meccanismi di negazione, come se volessero dirsi: ‘sono più forte!’ Nella misura in cui, col passare degli anni, non sono più in grado di reagire eludendo la idea di malattia, allora entrano in una fase di scompenso e la sintomatologia, prima negata, diverrà molto più manifesta che nella fase reattiva difensiva.

Possiamo dire allora che, nella misura in cui il rimedio è simile alle caratteristiche reattive di un soggetto e risponde anche a dei nuclei angosciosi di primaria importanza - come ad esempio la angoscia di morte - non ha più una efficacia meramente sintomatica, ma ha la potenzialità di avviare un processo terapeutico di maggiore portata. Come Hahnemann ha classicamente intuito, applicando la legge dei simili si stimola il processo naturale di guarigione, che è potenzialmente in atto in molti casi, pur se inadeguato e infruttuoso. L’informazione portata dal farmaco, fornisce uno stimolo ulteriore per il paziente perché possa riattivare le proprie risorse e - ove possibile - ripristinare una nuova condizione di equilibrio (omeostasi). Si definisce Simillimum il rimedio capace di fornire la migliore risposta terapeutica.

Classicamente si è notato che maggiore è la similitudine fra il quadro dei sintomi del malato e il quadro dei sintomi della sperimentazione e migliori sono i risultati che si ottengono nella terapia.

Per completare quanto sintetizzato brevemente nel capitolo introduttivo sulla Medicina omeopatica, Hahnemann ha indicato nel rimedio omeopatico uno strumento utile all’essere vivente nel percorso per raggiungere gli alti fini dell’esistenza.

Hahnemann non ha mirato solo a una medicina sintomatica ma ha posto la terapia a sostegno del percorso esistenziale, che è reso più agibile dal recupero della salute e, soprattutto dall’attivazione delle risorse personali.

I rimedi omeopatici mostrano – nelle loro patogenesie – le difficoltà insite in tale percorso. Le difficoltà sono diverse per ogni individuo e per ogni rimedio e man mano che ampliamo e approfondiamo lo studio dei provings e della clinica, ci rendiamo conto delle differenze, talora sottili, talora sostanziali, dei vari rimedi tra loro.

Nella nostra pratica clinica abbiamo scoperto che ogni sostanza – e non solo le poche decine di rimedi comunemente usati – se ben conosciuta e rigorosamente applicata secondo una similitudine in grado di cogliere la complessità del paziente, rappresenta uno strumento utile al ‘percorso’.

Il nostro sforzo di lavoro di oltre 30 anni, di intensa ricerca omeopatica, clinica, psicologica e antropologica, con Massimo Mangialavori, Alberto Panza e con tanti colleghi e amici, che ringrazio con tutto il cuore, è stato quello di conoscere i rimedi non solo in quantità, ma anche in profondità.

Grazie a questo sforzo ci siamo resi conto che è possibile inserire la Medicina omeopatica nell’ampio contesto dell’esistenza dell’"antropos", dalla sua nascita alla sua morte, e di renderla utile a una serie di problematiche complesse.

Nonostante il lavoro sia ancora in fieri, speriamo di perfezionare una conoscenza dei nostri rimedi omeopatici in funzione della complessa geografia della personalità e della sofferenza dell’essere vivente’: una mappa ragionata del benessere e del disagio, della organizzazione e della disorganizzazione del sistema-individuo, delle sue principali tappe evolutive e involutive.

Ciò facendo ci sentiamo pienamente rispettosi delle concezioni Hahnemanniane, della sua weltanschaung, del pensiero filosofico che lo ha preceduto e di cui egli è un nobilissimo epigono e innovatore al tempo stesso; nonché riteniamo fondamentale aprirci a studi sistemici e interdisciplinari che arricchiscono enormemente il nostro patrimonio di conoscenze.

L’obiettivo è che l’Omeopatia rispetti l’intuizione Hahnemanniana nel senso che l’essere umano veda percepiti e accolti da una pratica medica i suoi vissuti fisici parimenti a quelli corporei, psichici e relazionali: il vivente nella sua complessità. Preferiamo evitare il termine totalità o globalità, spesso usato in omeopatia per indicare la ricerca della similitudine più completa possibile, perché tale terminologia ha una connotazione vagamente onnipotente. L’obiettivo è quello di comprendere alcuni tratti salienti della complessità di un individuo e questo è già di per sé un compito difficile e ambizioso.

Anche nel campo veterinario, nell’ambito della scuola Cimi, si applica il metodo della complessità, integrando il sapere etologico e comportamentale elaborato negli ultimi decenni. Vari lavori sperimentali mettono in evidenza una maggiore efficienza del sistema immunitario in animali trattati con l’omeopatia.

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BIBLIOGRAFIA S. Hanemann “Organon dell’arte del guarire”, VI edizione (1920), Red Edizioni. J.T. Kent , 1905, “Materia Medica Omeopatica”, Red Edizioni. J.T. Kent “Filosofia Omeopatica”, Red Edizioni. M. Mangialavori, G.Marotta, 2004, “Praxis”, Matrix Editrice.

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