Torna al blog

Medicina Integrata

Perché la psicoterapia al Cimi

Dott. Federico Faro

06/09/2024

Il Cimi è un centro medico che si occupa della salute delle persone integrando diversi tipologie di competenze. La psicoterapia è ampiamente rappresentata nel Cimi sia nel numero dei professionisti coinvolti sia nelle differenti specializzazioni di questi professionisti. Dalla tendenza ormai diffusa di integrare la psicoterapia nei centri dove si esercitano attività mediche e dal cambiamento del profilo di chi si rivolge alla psicoterapia (non più solo caratterizzato da problemi mentali), sembra emergere con chiarezza un significato. Nella modernità la psicoterapia non è solo rivolta alle esigenze poste alla società dalla cura dei disturbi mentali, ma si interessa della cura della salute in generale, e per fare ciò si occupa del modo in cui l’uomo moderno si adatta ai continui cambiamenti dell’ambiente culturale circostante, con le sue richieste, le sue aspettative, i suoi modelli di successo e di insuccesso, di ruoli familiari e di caratteristiche di genere, e infine della dinamica con cui si evolvono i valori morali nella collettività di appartenenza.

In un momento storico in cui si esalta il potere della buona nutrizione ai fini della salute, sta maturando nel senso comune la consapevolezza che l’uomo si nutre anche di significati, ed è soggetto a sviluppare intolleranze e allergie verso il suo inserimento nella cultura in cui è immerso e le sue dinamiche evolutive, così come verso il cibo. Sia essa una cultura della prossimità, quella familiare e quella professionale, sia essa in ambiti progressivamente sempre più distanti e generali, dove però si accumulano nell’immaginario temi e problemi di grande portata personale e di grande impatto per la percezione di benessere del singolo, l’uomo moderno si trova a dover tenere conto di questa instabilità di riferimenti culturali che coinvolge settori della vita che nel passato si evolvevano con estrema lentezza.

L’evidenza di questa instabilità è presente in alcune tendenze collettive riguardo i momenti di passaggio da un ciclo di vita ad un altro. Sono queste le fasi più critiche dove si registrano difficoltà un tempo sconosciute. Mai come oggi l’adolescenza si accompagna a comportamenti di ritiro tra le pareti domestiche e di “virtualizzazione” della rete di relazioni con i coetanei grazie alle tecnologie, quando non comporta una discontinuità della stessa frequentazione scolastica. Mai come oggi si assiste a comportamenti caratterizzati da panico al momento della cosiddetta maturità, alla fine della carriera scolastica, per il mondo di scelte che si spalanca sotto i piedi di adolescenti fino ad un attimo prima onnipotenti in casa, ma del tutto impreparati davanti al compito di fronteggiare il mondo reale come protagonisti dei propri desideri. Mai come oggi il passaggio dallo status di figlio a quello di adulto ha generato tanta paura della responsabilità di vivere. Mai come oggi il concetto di famiglia ha perso naturalezza ma deve essere continuamente ripensato e rinegoziato su un piano linguistico, legale, di abitudini quotidiane e di improbabili collocazioni spaziali. Mai come oggi sono così numerose le donne che affrontano la menopausa con il rimpianto di una maternità mancata. Mai come oggi la paura di invecchiare ha prodotto comportamenti al limite del ridicolo e dell’autolesionismo. Potremmo dire che questo tipo di modernità si accompagna a una psicopatologia collettiva del passaggio di stato, del passaggio da un ciclo di vita al successivo.

Ma il problema, pur evidenziandosi nei momenti di passaggio, non dipende dai passaggi in sé, bensì da chi scegliamo di essere nei periodi di stabilità. Perché il modo di riconoscersi nell’appartenenza di genere, il modo di sentirsi in coppia, oppure di esercitare la funzione paterna o materna con una percezione positiva di sé, tutto questo è radicalmente cambiato ma soprattutto continua a cambiare velocemente e molte persone, di fronte all’offerta di tutte queste nuove possibilità di essere, rinviano la possibilità di fare scelte più personali, perché più impegnative, a opportunità future che in molti casi non si presenteranno mai, almeno non così come immaginate.

Quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità getta l’allarme sulla depressione stimandola come maggior causa di invalidità sociale a partire dal 2020, più dell’infarto o dei tumori, sta riferendosi a questa trasformazione del vivere collettivo. A livello dei paesi industrializzati, il volano della depressione è inscritto in quel momento di vita in cui passiamo dall’abitare in un mondo dove ci imbeviamo di un immaginario iperstimolato da un’industria di contenuti multimediali che produce sempre nuove promesse di benessere e di successo individuale, consentendoci di coltivare grandi idealizzazioni su noi stessi e su come sarà la nostra vita, all’abitare nel mondo reale, dove prendiamo atto che le opportunità vitali che si presentano davanti a noi ad ogni età sono lo specchio di quello che abbiamo fatto o non fatto della nostra responsabilità di scegliere fino a quel momento.

Quindi il nostro pensiero dà forma al personale universo in cui viviamo. Il nostro pensiero dà i limiti di questo universo e traccia i confini di ciò che possiamo fare e non fare. Se pensiamo in modo sbagliato o bloccato, finiamo per vivere in un universo deformato fino alla caricatura o privato di speranze sul futuro. Se ci confondiamo nel percepire ciò che è più intimo del proprio sentire e ci appoggiamo a verità precostituite o stereotipate, per definire ciò che desideriamo o ciò che potremmo desiderare nel nostro profondo, finiamo per perderci. Mai come in questo periodo storico la capacità di pensare su noi stessi, riconoscere quello che ci accade nell’autenticità del nostro sentire, saper dare un nome a questi riconoscimenti sostenendo le cadute di idealizzazioni su noi stessi che derivano dai modelli stereotipati, diventa la competenza centrale per mantenere un assetto equilibrato sul piano relazionale, emozionale ed espressivo, premessa fondamentale per tendere verso la condizione più prossima a quella di salute desiderata.